Dott.ssa Mottinelli 

Nuove aperture nuovi stimoli - da Farmacia News



Farmacia news ha voluto sentire il parere di alcuni farmacisti che vivono in Comuni dove
presumibilmente verranno aperte nuove sedi farmaceutiche. Le risposte dei titolari sono state
incoraggianti. Per lo più non si teme la concorrenza delle future farmacie, avendo fiducia
nelle proprie risorse: una buona squadra e molta professionalità, senza perdere di vista le
peculiarità dell’attività al banco al servizio della clientela.

Sono 4.185, complessivamente, le farmacie di nuova istituzione previste dal decreto legge 1/2012 (“Cresci Italia”), convertito in legge lo scorso marzo. Secondo i nuovi parametri, fissati dall’art.11 del decreto sulle liberalizzazioni (che modifica i commi 2 e 3 dell’art.1 della legge 475/1968 sul quorum, prevedendo una farmacia ogni 3.300 abitanti), la Lombardia, con 861 nuove aperture, sarà la capofila delle regioni nella classifica delle future new entry, seguita da Piemonte (616), Lazio 372), Veneto (316) e Campania (311). Senza contare le sedi farmaceutiche aggiuntive. Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, sentite le aziende sanitarie locali competenti per territorio, potranno infatti consentire l’apertura di nuove farmacie anche nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, dotate di servizi alberghieri e di ristorazione, purché non sia già presente
una farmacia a una distanza inferiore a 400 metri dalla struttura in questione. Vale altrettanto per i centri commerciali: quelli con una superficie di vendita superiore ai 10 mila metri quadrati potranno ospitare una nuova farmacia, sempre che non ce ne sia già una a una distanza inferiore a 1.500 metri. Il dato che salta subito all’occhio è l’alto numero di farmacie previste anche nelle regioni del
Nord Italia, dove i concorsi, a differenza del Sud, almeno così sostengono da sempre gli esponenti
di Federfarma, si sono tenuti regolarmente. Perché dunque così tante nuove sedi farmaceutiche anche in queste aree? Lo abbiamo chiesto a due rappresentanti della Federazioni nazionale
unitaria titolari di farmacia. Infine abbiamo ascoltato dei farmacisti che operano in alcuni dei
Comuni dove si apriranno le nuove farmacie per le quali i titolari degli esercizi già in essere non
sembrano particolarmente preoccupati. Che effetto avrà, sugli esercizi già attivi, l’apertura delle nuove farmacie contemplate dal recente decreto sulle liberalizzazioni? Molto dipenderà dal contesto. In Piemonte, per esempio, la situazione è piuttosto complessa, fa sapere Massimo
Mana, presidente di Federfarma Piemonte. «Al di là delle nuove farmacie previste con l’abbassamento del quorum (vedi tabella elaborata da Farma.For srl sulla base dei dati Istat sul numero dei Comuni italiani e del relativo numero di abitanti, ndr)», spiega Mana, «quelle spettanti
già aggiudicate tramite concorsi, ma che per vari motivi non sono mai state aperte, sono ancor
più numerose. Pertanto, complessivamente in Piemonte le nuove aperture potenziali sono 500 che, su 1.500 farmacie attualmente in essere, vuol dire il 30% di quelle esistenti». Il problema, però, precisa Mana, non è nei concorsi, che negli anni si sono tenuti regolarmente: l’ultimo si sta concludendo proprio in questi giorni. «Il dilemma», spiega, «è che in Piemonte ospitiamo oltre il 30% dei circa mille Comuni italiani privi di una farmacia». Non che questo vada a discapito della popolazione, precisa Mana, visto che nei Comuni in questione sono presenti dispensari e armadi farmaceutici gestiti dalle piccole farmacie di montagna presenti nei paesi limitrofi.
«Per questo sono convinto», spiega Mana, «che alcune centinaia di farmacie non si riusciranno
ad aprire comunque, soprattutto laddove il nuovo quorum comporterà un “drenaggio” della popolazione ». In pratica, ancora una volta, riforme e liberalizzazioni andranno a colpire i più deboli, nel nostro caso le farmacie rurali. «L’apertura di una nuova farmacia in un contesto dove la
popolazione è appena sufficiente a consentire la sopravvivenza di una solo esercizio», spiega Mana,
«creerà un problema spinoso». Se l’obiettivo della liberalizzazione era quello di evitare che le parafarmacie venissero trasformate in farmacie, fa notare Mana, il risultato sarà l’esatto contrario.
«Sì, perché», spiega, «il titolare di una farmacia rurale prossimo ai 65 anni di età, secondo quanto
stabilisce la nuova norma, dovrà avere un direttore: ma questo non sarà quasi mai possibile,
dunque il farmacista si vedrà costretto a vendere (ma chi se la compera oggi una farmacia a basso
reddito?) oppure a trasformarla in parafarmacia». L’alternativa a questo scenario, forse un po’ pessimista, ma suffragato dai dati reali e dal fatto che la domanda di farmaci è pressoché costante per ovvie ragioni, è riuscire ad accaparrarsi altre fette di mercato. Ma quali? «Quelle che
riguardano i servizi sanitari sul territorio, per esempio», dice Mana, «se il Ssn ha la necessità
di spostare il paziente dagli ospedali al territorio e il medico di medicina generale non è disponibile
ad accoglierlo, perché non possiamo farlo noi?». «Naturalmente ci si dovrà attrezzare,
con strumenti e adeguata formazione, ma il farmacista», sostiene Mana, «ce la potrà fare.
Ovviamente abbiamo bisogno che la nostra intera classe manageriale supporti questa trasformazione », dice Mana, «con linee guida, ma anche con strutture commerciali idonee a sostenere re soprattutto le piccole farmacie». Questa è l’occasione per fare davvero un salto
di qualità. «Dobbiamo dare un progetto completo alla farmacia dei servizi », conclude Mana, «attribuendole un valore professionale per ridare peso alla nostra categoria. In Piemonte stiamo cercando di fare proprio questo. Non è un percorso facile, né breve, però credo che, sfruttando le capacità, la rete di relazioni e il coinvolgimento del pubblico, il farmacista abbia ancora buoni
argomenti su cui puntare». Pronti a dar vita a una nuova farmacia. Non molto diversa dal Piemonte è la situazione in Lombardia, perlomeno nelle aree rurali, spiega Clara Mottinelli, presidente di Federfarma Brescia, ma anche rappresentante per la Lombardia delle farmacie rurali nel Consiglio delle regioni del Sunifar. «Il problema ora è posizionare le farmacie dove servono davvero», afferma, «poiché la provincia di Brescia (dove sono previste 99 nuove farmacie, ndr), per esempio, ha molte valli e piccoli paesi: il rischio è polverizzare il sistema e impoverirlo, con la conseguenza di rendere difficile alle piccole farmacie l’erogazione dei servizi». A Brescia solo tre Comuni sono sprovvisti di servizio farmaceutico: per il resto, o sono attive le farmacie o ci sono i dispensari gestiti dalle farmacie della zona. In questo scenario, si riusciranno dunque ad aprire davvero le nuove farmacie previste sulla carta? Ci saranno farmacisti disposti a investire tempo e denaro per avviare un nuovo esercizio in aree isolate e poco popolate? «È proprio questa la questione», dice Mottinelli, «certo, ci sono colleghi convinti che il cliente lombardo abbia un potere di spesa maggiore e questo potrebbe illudere, ma se qualcuno pensa davvero di aprire una farmacia in comuni di 300- 400 abitanti, si sbaglia. Da uno studio effettuato da Federfarma Lombardia, si è evinto che al di sotto dei 1.650 abitanti una farmacia moderna non sopravvive». In ogni caso, come reagiranno i farmacisti alla concorrenza delle nuove farmacie? «Siamo pronti e aperti alle novità che stanno arrivando», dichiara Mottinelli, «pronti a creare una farmacia più innovativa. Federfarma Brescia da anni organizza corsi avanzati per dare una maggiore consapevolezza al farmacista, per
fargli comprendere che qualcosa sta cambiando. Ci si deve specializzare, dobbiamo riuscire a creare
una nuova farmacia per poter essere competitivi sul mercato della salute». Secondo Mottinelli,
ogni esercizio dovrà essere un punto di riferimento della salute, dovrà disporre di prodotti
basilari, dovrà insomma avere una propria identità, un nuovo profilo definito secondo le esigenze
del proprio territorio. «È questa la strada imboccata da Federfarma Brescia ormai un paio di anni fa», spiega Mottinelli, «ed è su questo che ci stiamo preparando insieme a medici e infermieri, con
un percorso di formazione uniforme. D’altronde, il mondo sta cambiando e non possiamo impedire
che la trasformazione avvenga: la farmacia non può rimanere sotto una campana di vetro, dobbiamo far capire che questa evoluzione può rappresentare anche un’opportunità, sia per la farmacia come azienda, sia per il farmacista come professionista sanitario ». In pratica Mottinelli è convinta che il
miglior modo per “difendersi” sia “attaccare”. «Se continuiamo a erigere solo barricate», sostiene,
«non potremo far altro che retrocedere, perché siamo una goccia nel mare di un sistema globale. Dobbiamo invece riuscire a capire qual è la nostra nuova strada, l’opportunità insita nel cambiamento in atto. Ce la possiamo fare, ma dobbiamo avere il coraggio di affrontare di petto le novità». Anche Mottinelli ha in mente la medicina territoriale come soluzione al problema della concorrenza tra farmacie, ma non solo. «Dobbiamo diventare un punto di riferimento per l’assistenza domiciliare integrata», spiega, «perché l’età media della popolazione è destinata a crescere ulteriormente, insieme ai bisogni di cura e di assistenza che l’ospedale non può più soddisfare. Ma dobbiamo puntare anche sui giovani, sulla cultura della prevenzione e del benessere legata al mondo della cosmesi, in continua crescita. Insomma, dobbiamo cominciare a veder il bicchiere mezzo pieno». Credere nella propria squadra Tra i farmacisti italiani tutt’altro che sorpresi
dalle novità contenute nel decreto sulle liberalizzazioni, prima fra tutte quella sull’abbassamento
del quorum, c’è Carla Pilla, titolare di una farmacia a Musile di Piave, in provincia di Venezia, paese dove di nuove farmacie ne sono previste due. «Era un provvedimento atteso da tempo sul quale abbiamo avuto modo di riflettere a lungo», ammette, «anche se, non dimentichiamolo, ora saranno i Comuni a decidere il da farsi, dato che hanno la facoltà di impedire nuove aperture qualora fosse ritenuto sufficiente il servizio già erogato, anche per proteggerlo da un conseguente crollo economico che potrebbe derivarne». Pilla comunque non teme la concorrenza delle nuove farmacie, ma quella degli altri competitor presenti sul mercato della salute.
«Per questo dobbiamo rafforzare la nostra squadra, e la mia per fortuna è già buona», dichiara
la farmacista veneta, «dobbiamo coinvolgere i nostri collaboratori affinché si possa mantenere lo stesso livello di servizio, se non addirittura aumentarlo». È inutile però fare la guerra, sostiene Pilla, come inutile e dannoso per la farmacia sarebbe prendere decisioni frettolose. «Non dobbiamo concentrarci solo sui volumi, che ovviamente diminuiranno», spiega, «ma anche e soprattutto sulla redditività, cercando di differenziarci dai concorrenti». Pilla, per esempio, già da alcuni anni realizza e distribuisce volantini monotematici sulla salute e sul benessere. Insomma, la concorrenza
offrirà nuovi stimoli.«Non c’è dubbio», conclude Pilla, «considerando poi che il 70% dei cittadini sceglie la farmacia soprattutto per comodità, è facile immaginare come la clientela insoddisfatta potrà anche decidere di spostarsi da una farmacia all’altra e questo per noi sarà motivo di interesse».
Più professionalità per i farmacisti Anche Patrizia Ghetti, titolare della Farmacia San Michele di Rimini, non teme in modo particolare la concorrenza dei colleghi che apriranno nuove sedi farmaceutiche (a Rimini città ne sono previste 7, ndr). «Credo sarebbe cosa sciocca pensare di mettere in atto chissà quale strategia per contrastare le nuove farmacie che saranno gestite da colleghi farmacisti, proprio come lo siamo noi», afferma, «semmai dobbiamo temere un altro fenomeno preoccupante: l’acquisto di farmaci in internet». Certo, ammette Ghetti, se le cose fossero rimaste come prima, per l’intera categoria sarebbe stato più comodo, ma la strada per uscire da
questo momento di incertezza non è la lotta commerciale tra farmacie, quanto la formazione
professionale. «Dobbiamo liberarci dall’Ecm», propone la farmacista, «e promuovere una vera formazione che accresca la nostra professionalità: è l’unico modo per non subire la concorrenza della grande distribuzione». Anche perché il mercato del farmaco, sottolinea Ghetti, non può seguire le logiche dei beni di consumo. «Non possiamo pensare di vendere più farmaci», evidenzia, «anche perché questo avrebbe ricadute negative sull’ambiente: purtroppo la maggior parte dei cittadini già oggi non fa la raccolta differenziata dei farmaci scaduti che, al crescere delle vendite, finirebbero, per la quantità in eccesso rispetto ai bisogni reali, nel cassonetto dei rifiuti urbani». Equilibrio, prima di tutto Per niente preoccupata della futura concorrenza è Fernanda Mancini, farmacista di Afragola, in provincia di Napoli (dove, rispetto al numero di abitanti e alle nuove regole, si prevede l’apertura di altre 3 sedi farmaceutiche). «La mia farmacia è già circondata da altre sette farmacie distanti più o meno 300 metri l’una dall’altra», dice, «pertanto sono già abituata alla concorrenza». Il problema semmai è un altro, denuncia la farmacista campana, cioè il fatto che non sempre medici e farmacisti operano nel pieno rispetto delle regole, determinando di fatto condizioni di privilegio per alcuni e di svantaggio per altri. Ma a parte questo, cosa cambierà per i farmacisti titolari? «Dipende, anche dall’età», dice Mancini, «i giovani, per esempio, con poca esperienza, ma molto entusiasmo, apporteranno novità soprattutto dal punto di vista telematico. Tuttavia, è bene tener presente che ogni realtà ha le proprie caratteristiche e che dietro al banco dovrà continuare a esserci un professionista. Ci vuole equilibrio, altrimenti la farmacia finirà per trasformarsi in un negozio come tanti altri». L’esperienza personale di Fernanda Mancini, che prima di divenire titolare di farmacia ha lavorato per alcuni anni anche presso un’importante struttura ospedaliera, può essere di insegnamento. «Quando sono arrivata in questo paese le persone mi hanno subito accettata per quello che ero», dice, «cioè una professionista del farmaco più propensa alla consulenza e al consiglio che non agli sconti, una politica, quest’ultima, che non ho mai adottato». A ciascuno il proprio ambito A sintetizzare il pensiero e le riflessioni dei farmacisti
raccolte sin qui ci pensa Pio Corsetti, titolare dell’omonima farmacia a Roma dove sono previste ben 121 nuove sedi farmaceutiche. «A mio avviso è stato un provvedimento necessario, ma anche un po’ frettoloso», dice, «che ha demonizzato alcune cose per trascurarne altre più importanti».
Aumentare il numero delle farmacie, sostiene in pratica Corsetti, non equivale necessariamente a migliorare il servizio per il cittadino. «Una riforma andava fatta da tempo, perché il sistema era davvero ingessato», continua il farmacista, «tuttavia sarebbe stato meglio farla con più tranquillità, analizzando con maggiore attenzione gli aspetti coinvolti». Cosa suggerisce di fare Corsetti in vista dell'apertura delle nuove farmacie? «Credo che ognuno dovrà specializzarsi in un certo ambito
», afferma, «cercando di cogliere gli aspetti che caratterizzano la zona in cui risiede la farmacia e agire di conseguenza. Così, ci sarà chi dovrà puntare sul prezzo, chi sui servizi, considerando anche gli orari di apertura, chi ancora su prodotti particolari come i farmaci veterinari o i cosmetici». Ci vorrà tempo per mettere in pratica questa filosofia, avverte Corsetti, ma la strada ormai è segnata.
«Dobbiamo riuscire a cogliere le opportunità insite in questo cambiamento», conclude, «all’inizio sarà difficile, ma poi ci adatteremo al nuovo contesto. L’importante è non rinunciare ai nostri standard qualitativi e credere nel valore dei nostri collaboratori».