PROFILO SALUTE N. 1 - 2019



download rivista

Sfoglia la Rivista online


Editoriale di Luigi Cavalieri
Direttore Responsabile

 

Una rivoluzione

Anziani dopo i 75 anni

 

L’età anagrafica ha sempre rappresentato un argomento  delicato sia per le donne che per gli uomini. Arrivare a 60 anni sino a pochi anni fa rappresentava, infatti, un traguardo che non si sarebbe mai voluto raggiungere, in quanto fuori dal mondo del lavoro, era difficile sentirsi ancora socialmente utili. Dicevo giustamente sino a quando non si è tenuto conto di un’aspettativa di vita, che è aumentata di circa 20 anni rispetto alla prima decade del 1900, aspettativa che si traduce, secondo la statistica, in 85 anni per le donne ed in 82-83 anni per gli uomini. Ed oggi gran parte della popolazione fra i 60 e i 75 anni è in splendida forma e senza malattie per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e dell’età di morte. Merito anche, non ci stancheremo mai di ricordarlo, della prevenzione e di un’attenzione ben diversa alla propria salute attraverso un migliorato stile di vita che tien conto dell’alimentazione e dell’attività fisica. Non è stata, quindi, del tutto una novità la notizia uscita dal Congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria secondo la quale - a detta di Niccolò Marchionni, professore dell’Università di Firenze e direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Careggi – oggi un 65enne ha la forza fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. Ed 75enne quella di uno che nel 1980 aveva 55 anni. In tal modo deve essere modificato il concetto di “anzianità”, che deve essere elevato a 75 anni, quando si ha un’aspettativa media di vita di 10 anni.

Ecco, allora, comprensibile la richiesta al tribunale di quel pensionato olandese di 69 anni di spostare di 20 anni avanti la data di nascita all’anagrafe sentendosi discriminato per l’età sia per un eventuale impiego che nelle app degli appuntamenti. Se oggi é possibile cambiare nome, cambiare sesso, perché non l’età - si é chiesto l’interessato. Ci sarebbero, però anche altre cifre su cui ragionare, in quanto la quota di anziani disabili bisognosi di assistenza si attesta tra il 20 e il 30% e fra pensionati e denatalità fra una ventina d’anni è prevedibile un’accentuata sproporzione fra anziani da assistere e giovani che se ne prendono cura. Ma qui si apre un altro capitolo che avremo occasione di approfondire.

Alla prossima.